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Episode 62: 3 tips for speaking to your audience
Giugno 7, 2018
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3 consigli per parlare al pubblico

IL PUBBLICO, LO SMARTPHONE E IL CONDUTTORE NOIOSO…

 

Per esperienza, posso assicurare che la capacità del pubblico di mantenere costantemente l’attenzione verso ciò che accade sul palco è diminuita notevolmente. Nell’arco di un decennio, alla diffusione capillare degli smartphone e dei social è conseguito un aumento delle distrazioni.

Ho visto numerose persone ignorare le esibizioni di artisti del Cirque du Soleil e di performer presenti nel Guinness dei primati, a favore dello stream di notizie dei propri contatti.

Accade molto spesso e con ogni tipo di pubblico. Ma è davvero tutta colpa dei mezzi di comunicazione di questo millennio?

Ammettiamolo: talvolta possono esserci momenti di spettacolo non propriamente accattivanti, cali di ritmo, lungaggini, contrattempi. Accadevano anche in passato, ma ora sono un’occasione di distrazione in più per il pubblico. Quindi dobbiamo stare ancora più attenti. Soprattutto noi conduttori, che abbiamo un ruolo importante e, spesso, contribuiamo in modo decisivo al ritmo dell’evento.

 

Cosa possiamo fare per limitare i danni? Personalmente consiglio di dare un’occhiata al passato. Il che potrebbe sembrare bislacco, visto che stiamo affrontando un problema legato fortemente alla contemporaneità. Eppure, visto che dobbiamo innanzitutto lavorare su noi stessi, riflettiamo sulle modalità di conduzione usate da chi è venuto prima di noi: quei professionisti che non avevano certo a che fare con gli smartphone, ma che sicuramente avevano già la necessità di tener desta l’attenzione del pubblico.

LaDibi Dance Academy - Ep 62 - Tre consigli di Gadda by Attilio Reinhardt

I CONSIGLI DI CARLO EMILIO GADDA

Prendiamo ad esempio i suggerimenti di un illustre scrittore italiano che negli anni ’50 lavorava come consulente per la comunicazione delle trasmissioni radiofoniche della Rai.

Se sembra che questo abbia poco a che fare con il nostro lavoro, dobbiamo ricrederci. Carlo Emilio Gadda è conosciuto soprattutto per essere stato un innovatore della narrativa del Novecento, uno sperimentatore dello stile linguistico letterario, con opere come Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (scritto negli anni ‘40) ed Eros e Priapo. Da furore a cenere (anni ’60). Ma per un certo periodo della sua vita lavorò anche, come già detto, per la radio.

Nel 1953, la Rai gli commissionò le Norme per la redazione di un testo radiofonico: un opuscolo destinato agli autori e ai conduttori della radio del tempo, pensato sia con l’obiettivo di uniformare le modalità di comunicazione ai microfoni delle trasmissioni nazionali che con quello di rapportarsi nel modo migliore nei confronti degli ascoltatori.

Leggendo il manuale (ristampato nel ’73 da ERI – Edizioni Rai Radiotelevisione italiana), è evidente come le indicazioni siano state redatte con il massimo rispetto per il pubblico e seguendo il tema portante della moderazione. Del resto la radio di allora era sobria, formale, seria. La moderazione era fondamentale, perché «in medio stat virtus», ovvero “la virtù sta nel mezzo”. Eppure, nonostante lo stile contemporaneo di conduzione radiofonico sia ben diverso da quello del tempo (anche in Rai) e noi si faccia riferimento a eventi condotti dal vivo — persino di varietà — possiamo imparare molto da Gadda.

 

Riflettiamoci: talvolta il ruolo del conduttore è anche quello del moderatore, vale a dire, secondo la definizione della Treccani, «chi dirige e coordina un dibattito, in convegni, tavole rotonde e simili, e specialmente in trasmissioni radiofoniche o televisive». Ma non solo: nella lingua tedesca, il termine Moderator indica sia questo che il conduttore di spettacoli (con varie e diverse accezioni).

 

Insomma, il testo di Gadda può effettivamente fornirci qualche spunto interessante.

Per esempio questi tre accorgimenti utili a non annoiare un pubblico già facile alla distrazione, mantenendo al contempo uno stile fresco e fluido.

 

1LaDibi Dance Academy - Ep 62 - Tre consigli di Gadda by Attilio Reinhardt

CONSIGLIO #1: MODERAZIONE NELL’USO DELLA PRIMA PERSONA SINGOLARE

 

Nell’ambito dello spettacolo, la definizione di conduttore non è mai univoca. Può essere veramente di tutto: da un mero collante tra più avvenimenti diversi, che si limita a far entrare e uscire gli ospiti, al mattatore della serata, che può arrivare a far sembrare un semplice contorno tutti gli altri elementi dello spettacolo.

Nessuno dei due estremi, né tantomeno le decine di sfumature che li separano, è negativo: dipende sempre dall’occasione, dal contesto, dalle richieste dell’eventuale committente.

Ma più la figura del conduttore assume rilevanza all’interno dell’evento, più egli tende a esporsi, a essere protagonista, a parlare di sé in prima persona. Ed è proprio a proposito di questo argomento, che Gadda comincia a metterci in guardia:

 

«In ogni evenienza astenersi dall’uso della prima persona singolare “io”. Il pronome “io” ha carattere esibitivo, autobiografante o addirittura indiscreto. Sostituire all’“io” il “noi” […] o evitare l’autocitazione».

 

Come per ogni regola ci sono anche le dovute eccezioni, non suggeriteci direttamente dall’autore (perché, lo ricordiamo, scriveva in riferimento a un contesto mediatico ben preciso), ma che possiamo dedurre in autonomia.

Per esempio, i cabarettisti, i monologhisti comici, gli stand-up comedian hanno pieno diritto a parlare in prima persona, perché è una modalità di esposizione propria del loro mestiere, in alcuni casi addirittura caratteristica. E visto che non è raro che capiti di vedere un artista specializzato in una determinata disciplina vestire in occasioni particolari anche il ruolo di conduttore, questa è un’ipotesi verosimile.

La deroga può valere anche se si sta interpretando un personaggio specifico che, in qualche modo, è sollevato rispetto alla realtà del pubblico.

 

2LaDibi Dance Academy - Ep 62 - Tre consigli di Gadda by Attilio Reinhardt

CONSIGLIO #2: MODERARE L’USO DELLE PAROLE STRANIERE

 

Sarà una reazione all’autarchia linguistica imposta dal regime nel ventennio, sarà il fascino di ciò che è oltre i nostri confini, ma è ben chiaro che a noi italiani è sempre piaciuto molto — a volte troppo — l’uso di termini stranieri, soprattutto inglesi.

Ma se in certi contesti si rischia il ridicolo, quando ci troviamo nell’ambito dell’intrattenimento le cose cambiano. Abbiamo costantemente a che fare con titoli di opere (canzoni, film, libri, ecc.) non ancora tradotte in italiano, generi musicali e locuzioni gergali nate dallo slang (appunto…) che non renderebbero nella nostra lingua. Ma non per questo dobbiamo farci prendere la mano, anzi!

Un buon conduttore si distingue anche dalla capacità di usare in modo appropriato i termini stranieri (ma anche dialettali — un po’ di colore è sempre il benvenuto) senza esagerare e, soprattutto, senza sostituirli agli equivalenti italiani (qualora esistano).

 

«Usare la voce straniera soltanto ove essa esprima un’idea, una gradazione di concetto, non per anco trasferita in italiano. Per tal norma inferiority-complex, nuance, Blitz-Krieg e chaise-longue dovranno essere sostituiti da complesso d’inferiorità, sfumatura, guerra lampo e sedia a sdraio: mentre self-made man, Stimmung, Weltanschauung, romancero, cul-de-lampe e cocktail party potranno essere tollerati».

 

Si noti come alcuni dei termini che, secondo Gadda, potevano tranquillamente essere compresi dai radioascoltatori dell’Italia degli anni ’50, oggi non sembrino propriamente usuali.

 

3LaDibi Dance Academy - Ep 62 - Tre consigli di Gadda by Attilio Reinhardt

CONSIGLIO #3: MODERAZIONE NEGLI ELENCHI DI NOMI DI PERSONA

 

Il cast dello spettacolo, lo staff del luogo che lo ospita, gli sponsor, i media partner, il sindaco, l’assessore alla cultura, il presidente della pro loco… In ogni tipologia di evento e in ogni contesto ci sono ringraziamenti da fare. Ed è giustissimo farli, anche al pubblico (sembra ovvio, eppure in molti li dimenticano).

Il problema è che, soprattutto quando si tratta di eventi organizzati da enti pubblici o associazioni, l’elenco dei ringraziati rischia di essere infinito e inascoltato.

 

Così Gadda ci suggerisce di

 

«evitare gli sterili elenchi dei nomi di persona quando non si possono caratterizzare o comunque definire le persone chiamate in causa. Meglio omettere dei “nomi da manuale” che infastidire l’ascoltatore citando nomi destinati a spegnersi appena pronunziati».

 

Ci permettiamo di adeguare il consiglio al nostro contesto: aggiungere al nome anche il motivo del ringraziamento è già un buon modo per rendere più piacevole l’ascolto dell’elenco, ma possiamo inventarci anche qualche altro stratagemma.

Per esempio possiamo, se la situazione lo consente, elencare i nomi raccogliendoli in gruppi; questo aiuterà il pubblico a dare un ruolo più preciso alle persone citate e, quindi, ad ascoltare con meno noia.

Oppure possiamo concederci qualche battuta, in modo tale da rendere più frizzante la lettura, facendola diventare un’occasione di spettacolo. Naturalmente tutto sta, oltre al contesto, a noi, al nostro stile e alle nostre capacità.

 

Cosa ne pensate di questi consigli tratti dalle indicazioni di Gadda? Sono utili anche al giorno d’oggi? Fatemelo sapere nei commenti!
E continuate a seguire i miei video!

Attilio Reinhardt

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