The Salimpours | Da Jamila a Suhaila 2.4

Generazione 2.0 tra Bal Anat e TV (2 di 4)

Il passaggio di testimone da Jamila a sua figlia Suhaila.

Puntata 1 – The Salimpours | Le origini 1.4

Puntata 2 – The Salimpours | Da Jamila a Suhaila 2.4

Puntata 3 – The Salimpours | La nascita di un Impero 3.4

Puntata 4 – The Salimpours | Suhaila, la Bruce Lee della Belly Dance e Isabella 4.4

Jamila, la nostra Liz Taylor della Belly Dance, a 40 anni e al suo terzo matrimonio, dà alla luce Suhaila nel 1966. La piccola affronta le intemperie della vita, a partire dalla crudeltà dei bimbi per i suoi piedini intraruotati e la scogliosi. La lungimirante Jamila, dopo vari tentativi, corregge questa caratteristica fisica con la danza classica, un vero toccasana per il corpo della piccola.  Suhaila viene allevata per i primi anni, nel contesto familiare curdo tradizionale, ovvero quello della famiglia paterna. Alla madre è vietato danzare in pubblico. Niente Belly Dance, ma col tempo, viste le necessità familiari, le viene concesso di insegnare, quindi “il mondo danza” diventa una sorta di segreto tra madre e figlia.

Nel ’67 molte studentesse sparirono dalle classi di Jamila, per partecipare alla Renaissance Pleasure Faire, dove entravano gratis se in costume. Avevano anche la possibilità di esibirsi sul palco e non c’era una vera e propria direzione artistica. Danzatrici completamente  fuori controllo, praticamente invasero la Renaissance Pleasure Faire causando un grave  problema logistico. Il Direttore convocò Jamila, in quanto insegnante involontariamente a monte delle “invasioni barbariche” perpetrate dalle sue allieve, e le affidò La Direzione Artistica affinché desse un senso alla partecipazione in massa delle vivaci ragazze.

Per questo evento, Jamila studia un nuovo format di spettacolo attingendo a tutta la sua esperienza, inclusa quella del circo e crea le prime tracce della Tribal Belly Dance. Ecco quindi che l’anno successivo, arriva sul palco con la sua compagnia, la Bal Anat. Come spiega la figlia, Suhaila, in un’intervista successiva, possiamo pensare a questo nome in due modi. Uno, dal francese “Bal”, ovvero ballo, a cui associamo “Anat”, un’antica Dea, ed ecco che abbiamo la “Danza in onore della Dea Anat”.

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L’altro modo di concepire il nome Bal Anat, è dato da “Bal” inteso come “Ba’al”, un Dio cartaginese, consorte della Grande Dea Madre. Ecco quindi che abbiamo combinato entrambi gli aspetti energetici, femminile e maschile.

Ora, siccome io, non ci dormivo la notte con la mitologia… Vorrei chiarire un istante di chi stiamo parlando. Anat, secondo la mitologia, è un’antica e importante Dea della fertilità, dell’amore carnale, della caccia e della guerra.

“Bal”, inteso come “Ba’al”… Qui dobbiamo far due passi indietro perché spesso gli Dei, han cambiato nome nelle trascrizioni e “camminando” tra le diverse culture, nei secoli. Ba’al, inizialmente era un titolo, traducibile con Lord, inteso come Dio o marito, e lo troviamo in epoche successive, scritto anche come  “Baal”, ovvero la divinità cartaginese di cui Anat era sorella e moglie al contempo. Lo so, lo so, anch’io avevo gli incubi la notte per tutti gli intrecci divini, ma non mi soffermo oltre. Ci tenevo però, a presentarvi i protagonisti del nome Bal Anat.

Tornando alla compagnia e la danza in onore della Dea Madre, con circa 40 elementi, la Bal Anat era composta da musicisti e ballerine. Colori predominanti Nero e Argento. Effetto visivo sicuramente d’impatto. Questa è la nascita dello stile tribale ed etnico. “Mamma Jamila”, con la sua visione e rivisitazione degli stili originali e una buona dose di fantasia, dà vita a questo nuovo stile di danza. Serpenti, tatuaggi, musicisti dal vivo e performances molto particolari come le danze col serpente, danze con le spade e vassoi sulla testa, fanno della sua Bal Anat, una compagnia molto particolare, direi un po’ freak. Suhaila, a soli 3 anni apriva il primo show della Bal Anat.

La piccola cresce con le usanze della famiglia paterna, che prega 5 volte al giorno. La nonna insulta le giovani donne in costume da bagno e in pantaloncini dei programmi televisivi e quando la piccola si ammala, interviene con zie al seguito, con riti e spezie. Al primo giorno di asilo viene mandata con mani e piedi decorati dall’henné, a protezione dallo sguardo del demonio. E negli anni ’70 in America, questo ti faceva percepire come molto strana, non certo “cool” come ora.

Il padre della piccola Suhaila muore nel ’76, per un tumore al cervello e la piccola vive tutti i duri risvolti di una famiglia che non accetta sua madre in quanto straniera, e quelli del confronto con la società americana da cui è percepita come una sorta di freak. Si sente sola e danzare è il suo unico momento di felicità. La famiglia concede a Jamila di portare con sé Suhaila, durante le sue classi. Pensano sia per un pubblico esclusivamente americano, quindi poco influente sull’immagine dell’integrità della propria famiglia e pur non approvando, accettano a fronte di tutti i guadagni che vengono incassati dal suocero di Jamila.

Di nascosto, Jamila e Suhaila cominciano anche ad esibirsi. È il loro “piccolo” segreto per scappare dalla realtà in cui vivono. Immaginate il sollievo di Suhaila quando finalmente lasciano la casa di famiglia.

Il principale interesse di Jamila era di far crescere il livello della danza perché diventasse una vera forma d’arte. Documentare la cultura di cui è tutt’ora innamorata. Spiegarla per trasmetterla, dando un nome ad ogni passo. La sua continua ricerca e i suoi studi hanno influenzato centinaia di ballerine e musicisti. Ha incoraggiato le ballerine a prendere lezioni di Classica, Jazz e a studiare quindi il più possibile, anche gli altri stili.

Con questo stesso approccio alla danza, cresce sua figlia Suhaila, che tra DVD istruzionali e manuali, attingendo dall’inestimabile fonte di sapere della madre, contribuirà a costruire l’impero di famiglia. A 14 anni Suhaila comincia ad integrare i suoi studi di tecnica e allenamento, con tutte le informazioni che via via accumula dalla madre. Incontra Nadia Gamal, la sua star preferita dei film di quand’era bambina, e ha l’occasione di studiare con lei. Un giorno, Nadia la invita nel suo camerino e le spiega che danza nel suo particolare modo perché ha sofferto nella vita e l’ha vissuta al massimo. Cosa comune a molti artisti di molte correnti diverse.

NadiaGamalLaDibiBlog

Jamila, Nadia e Suhaila creano coreografie di Modern Egyptian Style e rendono magica la loro collaborazione.

Dal 1974 al 1990 Jamila scrive come contributor per Habibi, il maggior periodico di danza medio orientale e al diploma di Suhaila, la rivista le dedica la prima di ben 3 copertine. Alla prima copertina, la famiglia paterna chiama la ragazza e le mostra tutto il suo disappunto per la sua scelta professionale. Secondo la loro cultura e il loro punto di vista, lei sta disonorando la famiglia tutta, e la memoria di suo padre. Da lì, l’interruzione totale dei rapporti di parentela. Ora, personalmente vorrei tranquillizzare Suhaila: in Italia, accadeva la stessa cosa ma senza nemmeno avere tutto il riscontro e l’interesse per i propri sforzi da un pubblico vasto come quello americano. Vite intere dedicate alle proprie passioni, disconosciuti e cacciati dalle famiglie per averle disonorate, guai a scoprirti di un solo centimetro, ma scordati di tirarci su un soldo, o di avere un riscontro culturale. A meno che non si tratti di calcio, non hai speranza…

Ma di calcio non si trattava, nel caso di Suhaila. Ed ecco l’inizio dell’Impero Salimpour che scopriremo nella prossima puntata…

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